venerdì 31 gennaio 2014

Ai miei figli



Dove il fiume della vostra vita scorre
Lungo le sponde delle vostre verdi ore
Ho vegliato in silenzio
Come un albero che guarda sbocciare a primavera i suoi fiori.

Se tutto il resto può sembrare bugia
A me è stata concessa la magia
Di osservare rispecchiati in limpide acque
Sorgere soli
E lune cullarsi nel mistero dei vostri giovani occhi

F. Bhownagary


Alle mamme ed ai papà.
Ai loro bimbi.

Chi vi scrive è una mamma. Che è anche psicoterapeuta. E che - pensate un po’ - è anche una donna in cammino, che cresce, che torna indietro, che torna indietro, che fa cose e le disfa, che si pone mille interrogativi...

Ieri sera l'Associazione Palaver ha organizzato una serata sull'educazione dei bimbi: io ho ascoltato, parlato, cercato di spiegare e di comprendere.
Ho sentito diverse onde andare e venire: la sorpresa, l’attesa, il timore di sbagliare, l’entusiasmo della condivisione, la fatica di essere genitore.

Come professionista ho accolto quanto ognuno ha portato, ho cercato accompagnare il gruppo nella costruzione di significati condivisi e nuovi e di nuove soluzioni. Ho raccontato, in parole spero comprensibili, il punto di vista di diversi Autori, dando più spazio a chi stimo di più (per formazione e stile, ma anche per sintonia con me, la mia formazione, il mio stile, la mia vita).
E poi… e poi c’era la me-mamma che, finito l’incontro, mi ha guardata dritto in faccia e mi ha chiesto “Perché??”. 
Vi racconto…

Il mio bimbo ha 14 mesi ed è stato, da subito, tra le tante cose, un dormiglione. Quindi, non avendo vissuto sulla nostra pelle l'estrema stanchezza legata alle notti in bianco, per mio marito e me è stato faticoso sopportare anche solo un paio di risvegli per notte o i pianti perché non voleva addormentarsi.
Lui ha sempre dormito nel suo lettino per la scelta nostra di riacquistare la nostra intimità e perché, una volta addormentato, era beato nello spazio ristretto della culla costruita dal nonno. A due mesi abbiamo spostato il lettino dalla nostra stanza alla sua cameretta. Nessun risveglio in più, nessuna resistenza aggiunta: nessun problema. Il piccolo si prendeva tutte le nostre coccole durante il giorno (abbiamo usato molto la fascia, lo abbiamo tenuto molto in braccio, abbiamo cercato di condividere - come potevamo - molto) e la notte dormiva più o meno tranquillo.


I mesi sono passati, io ho ripreso il mio lavoro (poche ore la settimana per scelta mia e di mio marito: sino all'anno, almeno, lo avremmo accudito prevalentemente noi, con tanti sacrifici, ma senza nido e con qualche nonno o zio ogni tanto), lui è cresciuto, ha iniziato ad interessarsi al mondo e ad esplorarlo... ed è arrivata la difficoltà ad addormentarsi.

Dopo qualche tentativo fallito, rispolveriamo un libro che avevamo letto in gravidanza "Fate la nanna" di Estevill. Leggiamo. Ci guardiamo. Proviamo. 
Quanto è durato questo esperimento? Nemmeno un'ora. Quando il piccolo, realizzato che era nel suo lettino per dormire, ha iniziato a piangere, via via più disperato, io, col cuore trafitto, sono andata da lui, l'ho preso in braccio e l'ho consolato. E si è addormentato tra le mie braccia.
Da quella sera, la maggior parte delle volte, si addormenta accoccolato sul mio petto o su quello del papà, mentre gli leggiamo una fiaba o gli raccontiamo la giornata trascorsa (abbiamo in mente che possa aiutarlo nel comprendere il senso del tempo e a sentirsi coinvolto, parte della famiglia anche quando la famiglia non la vede tutta riunita). Ma ci sono delle volte in cui ci prende per mano e vuole essere messo a nanna, o che crolla sul fasciatoio o sul tappetone in mezzo ai giochi o nel lettone. E siamo tutti più sereni...

Ecco qui.
Il "Perché?" della me-mamma si riferiva a questo: perché non ho raccontato a quei genitori preoccupati o dubbiosi o anche convinti delle loro scelte, la nostra esperienza?

Credo fermamente ora, dopo una notte passata a ripensare a tutto questo, che sarebbe stato importante dirvi questo: godetevi ogni istante, non credete a chi vi dice che le coccole portano vizi, che se il piccolo sta in braccio non sarà interessato al mondo, non cedete a chi vi dice "piangere rinforza i polmoni, insegna l'autonomia e l'indipendenza, sono solo capricci...". 


Non credetegli. 
Non privatevi della meraviglia delle coccole.
Farlo piangere da solo nel suo lettino gli insegnerà soltanto che quando ha bisogno deve cavarsela da sé, senza il contenimento di mamma e papà, che chiedere aiuto non serve, perché tanto non arriverà nessuno.

La tecnica dei minuti di attesa che via via aumentano porta a interrompere il pianto perché è esausto o, peggio, rassegnato. Se c'è la stanchezza di un allattamento che si è tramutato in ciuccio per la nanna, ci sono altre strategie... Se siamo stanchi, la giornata è stata pessima e lui, perdipiù, piange, respiriamo, diciamogli che comprendiamo la rabbia-noia-stanchezza-tristezza, ma, passato il tempo necessario per finire quello che stiamo facendo, saremo lì solo per lui (e lo saremo davvero, perché le promesse si mantengono... ma questa sarà un'altra lettera ;) ).

La sofferenza, il dolore sono sani, fanno parte della vita, vanno vissuti, affrontati, superati, ma tutto questo crolla se a infliggerli siamo noi, gratuitamente, per adeguarci ad un metodo che abbiamo letto o che ci hanno suggerito.

Ascoltatevi dentro. Ascoltate il vostro bambino. Ci sono strade bellissime, modi migliori di imparare che si è distinti, che ce la si può fare anche da soli... C'è il VOSTRO modo. Vivete appieno ogni emozione, state insieme... L'adolescenza, i fatti della vita, i mille impegni, sono dietro l'angolo, pronti a costringerci a stare a distanza. Facciamo trovare abbracciati.

   Cristina
   (finalmente intera)






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